La carne dell’orso - Becca di Monciair, Parete Nord

Becca di Monciair, Parete Nord
Regione: 
Valle d'Aosta
Gruppo montuoso: 
Alpi Ggraie
Località: 
Becca di Monciair
Segnavia: 
La Via Lattea

Sono le due di notte, la luna si nasconde dietro le montagne e le luci di Pont si allontanano sotto di noi, all’inizio del sentiero. Mentre inseguo i passi di Beppe, ascolto il rombo dell’acqua che scorre verso valle e cerco di indovinare il profilo delle creste che si stagliano nel buio. Sento dentro di me un’emozione strana, un misto di timore e di disagio, e a un tratto chiedo a Beppe di fermarsi e di spegnere la frontale.

Guardiamo in alto.

La Via Lattea si stende nell’arcata nera del cielo come una pennellata luminosa: ci sono stelle come scaglie di diamante, chiazze di tenebra dove si ammassano i gas e le polveri, costellazioni che conosco e geometrie che in città non si distinguono mai. Con la coda dell’occhio scorgo una stella cadente, e mi torna alla mente un racconto di Primo Levi, Ferro.

“Era questa, la carne dell’orso: ed ora, che sono passati molti anni, rimpiango di averne mangiata poca, poiché, di tutto quanto la vita mi ha dato di buono, nulla ha avuto, neppure alla lontana, il sapore di quella carne, che è il sapore di essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare, e padroni del proprio destino.”

Mi rimetto in cammino con un sorriso a fior di labbra. Al timore e al disagio ora si è mescolata una gioia purissima. Mi chiedo quale fosse per Primo Levi il significato più profondo della sua carne dell’orso, ma non riesco a darmi una risposta. So che per me questa carne ha il sapore dell’ignoto, del timore di non farcela, della paura di cadere; ha il gusto del sangue in bocca nel momento della fatica più estrema. E so che oggi, di carne dell’orso, ne mangerò in quantità, ed è per questo che ho un po’ di paura.

Ma è una gioia attraversare i pendii carichi di neve nel bel mezzo della notte e attendere la luce dell’alba, fermarsi un istante per osservare i lampi che incendiano le nuvole di un temporale in lontananza. È una gioia arrancare sul fondo ghiacciato e irregolare dei coni di valanga, sprofondare, chinare il capo, scambiare qualche parola e riprendere fiato. È una gioia aggrapparsi alle piccozze e guardarsi indietro, cercare il percorso migliore, arrivare in cima, abbracciarsi e guardarsi negli occhi, scattare una foto e riprendere la via.

È una gioia camminare nella traccia di un amico.

È una gioia esserci.

Nelle mie intenzioni (e in quelle di Beppe) il report avrebbe dovuto avere un taglio goliardico, ma la poesia di quest’avventura era troppa per non essere raccontata.

Un po’ di numeri e di frivolezze in chiusura:

  • 9 ore e 52 minuti di percorrenza.
  • 1584 metri di dislivello e poco meno di 20 chilometri di sviluppo.
  • Coni di Valanga: sono stati annoverati al secondo posto della mia lista nera degli alpinismi dopo il Calcare all’Olio di Oliva del Medale. Ne abbiamo attraversati una ventina tra andata e ritorno, sigh, me tapino.
  • Barrette Energetiche: dopo aver pontificato e preso per il culo Radio Bolt (aka Luca il Corsista) per aver ingurgitato una barretta in Grignetta ed essere stato male per tutta la salita, ho subito un tremendo contrappasso. La nausea mi ha fatto compagnia per buona parte della discesa, finché non ho deciso di colorare la neve di Arancione Named.
  • Questa volta, forse a causa dei sensi di colpa interiorizzati durante la lezione di Ecologia Alpina, nessuno ha defecato sul manto nevoso.
  • Ops, forse i sensi di colpa non hanno funzionato a dovere: dimenticavo il costosissimo vomito al sapore di papaya.
  • Ultimo, ma non meno importante. Dopo una notte senza sonno e dieci ore di marcia forzata, a mezzogiorno in punto io e Beppe abbiamo finalmente allungato le gambe sotto il tavolo e ci siamo concessi un lauto pranzo: Coca Cola Senza Ghiaccio e Uno Spicchio di Limone. La mia giornata è finita davanti allo specchio: controllavo che lo Spirito del Vegliardo non avesse preso possesso del mio corpo, come nei migliori racconti del terrore di Howard Phillips Lovecraft.

Stefano Galliani

 

Nota a margine:

una giornata, per la precisione 16 ore di passione, avventura, stima e voglia di vedere cosa c’è dietro una cresta, oltre una cima, scoprire per il piacere di colmare quella voglia di conoscenza che c’è in ogni “viaggio”.

Beppe

13/06/2024
Becca di Monciair, Parete Nord
Becca di Monciair, Parete Nord
Becca di Monciair, Parete Nord