Siamo in auto da dieci minuti e già piove, sapevo che avrei dovuto rimanere sotto le coperte, ma vabbè, oramai... Anche Google sta ancora dormendo, infatti sbagliamo strada e fra sensi unici strettissimi e vicoli sterrati a fondo chiuso eccoci a casa di Beppe, pronti per caricarlo e partire alla volta di Artavaggio.
La ricerca di un bar si rivela più lunga e tortuosa della Stairway to heaven dei Led Zeppelin, per fortuna siamo in anticipo e la sciura al banco è più sveglia di noi quindi facciamo una sosta da Pit Stop stile Formula 1 e via, saliamo in funivia ed eccoci immersi nelle nubi.
Ovviamente piove e la giornata non è delle migliori, speriamo che ai Piani nevichi così da non bagnarci troppo ma ahimè, le nostre preghiere vengono esaudite solo per metà; quindi, ci accoglie una favolosa tempesta di neve misto acqua, che rende utile e indispensabile il goretex che riempie lo zaino.
Arrivati, sci ai piedi e via! Veloci verso la nostra meta: una chiesetta a circa 100 metri di distanza (anche perché i ciaspolatori son lenti e numerosi). Beppe e Leo individuano la zona designata per la simulazione della valanga e tutti calpestiamo neve a non finire cercando invano di tenere il passo speedy di Beppe, che con fierezza sfoggia il suo copri zaino targato Soccorso Alpino.
Ci raduniamo, ripasso veloce della lezione teorica e via, vediamo come si usano davvero questi Artva pala e sonda (che poi diciamocelo, la sonda va prima perché diamine hanno messo la pala lì in mezzo??…).
E con questi quesiti esistenziali arriviamo al fatidico momento: qualcuno (Franco) ha nascosto degli Artva in giro per la finta valanga e a noi il compito di scovarli: C'è chi ci prova con un artva parlante (tipo pappagallo non proprio simpatico, va detto), chi con uno che non capiamo come funzioni, e chi con quello di qualcun altro perché L’Artva invece proprio non lo ha… ma alla fine bene o male siamo più o meno tutti in grado (più o meno) di individuare, sondare, scavare e liberare i pacchetti nascosti.
Nel frattempo, il meteo non migliora, anzi, la tempesta di neve non ci dà tregua e diventa un elemento di disturbo o, perché no, di atmosfera (quale atmosfera non saprei dire…).
Comunque, prove individuali, prove di gruppo e via. Eccoci alla prova finale, definitiva, decisiva. Invece no perché non sto mai zitta e ho chiesto di mettere una persona vera, sotto la neve per capire che si prova sondandola (si dirà così poi? Boh!).
Eh, niente, se non rimango chiusa fuori casa è un miracolo, perché Frank (Fra Franci Franco Lele o come vogliate soprannominarlo) finisce dritto sotto un centinaio di badilate di neve fredda e bagnata, grazie alle mie stupide (non troppo) richieste, diventando una specie di bambola vudù infilzata di sonde, in vari punti per capire come si sentono scarponi, gambe e zaino.
Insomma, dopo aver liberato questo San Sebastiano congelato, proseguiamo con la lezione ora siamo un gruppo numeroso che sta cercando dispersi sotto una valanga. Probabilmente esasperato dalle mie domande Beppe mi indica come Leader della prima ricerca e, AIUTO, avete mai provato a dire a degli uomini sopra i 50 che fare? Ecco non è per nulla semplice né tantomeno efficace.
Ma in qualche maniera salviamo 2 finti feriti su 3, il terzo vabbè…, rimane ipotermico e senza ossigeno e insomma... non credo che se la sia passata molto bene ma alla fine lo troviamo in qualche maniera. Briefing e via, altro giro altra corsa e stavolta fortunatamente il cervello dell’operazione non sono io.
Proseguiamo poi con sondaggi spalla a spalla come quelli veri e seri (tipo Beppe) e tiriamo le somme. Insomma, una cosa di cui si parla troppo e si fa troppo poco (no non quella che state pensando voi).
Ci gasiamo un mucchio quando nevica e possiamo sciare su 20,30,40 cm di polvere; e giustamente siamo felice e contenti, spensierati cercando di creare la “S” perfetta sul pendio immacolato spostando bene il peso e tenendo le spalle composte. Però anche la consapevolezza del pericolo ci rende sciatori migliori, più attenti e precisi. Magari meno ingenui e più sensibili a quello che succede attorno a noi, in mezzo a tutto questo bianco che tanto amiamo.
E se mettessimo la stessa cura con cui prepariamo il thermos e le barrette, nello scegliere la meta? E se fossimo sempre in giro pronti e preparati per ogni evenienza? E se fosse più importante e indispensabile che avere da bere e mangiare?
Nel mio zaino Artva pala e sonda ci sono sempre stati, ma dopo questa giornata indubbiamente li guarderò diversamente e con la consapevolezza che, nel caso in cui dovessero servire (si spera mai), saprò come fare (forse, non voglio tirarmela dai).
PS: Beppe ci terrebbe a far sapere a tutti che finita la prova siamo andati al rifugio Nicola con gli sci e ci ha dato paga per 12 minuti
Io ci terrei a precisare che di questi 12 minuti, 6 li ho passati a pulire gli occhiali (pioveva storto) e i restanti 6 a dire “MA QUANTO C***O CORRE MILESI?!!!”
Pellegatta Camilla