E adesso?
Il corso sarà anche finito ma l’avventura no, è appena iniziata, questo era solo il prologo, il tutorial per entrare in un mondo più grande.
Ricordo ancora bene l’inizio di questo corso, come fosse ieri, eppure allo stesso tempo è come fosse passata un’infinità di tempo, probabilmente è dovuto a tutte le nuove conoscenze ed esperienze che abbiamo appreso in questo periodo.C’è una frase di un film che recita così “L'essenza dello spirito dell'uomo sta nelle nuove esperienze” e secondo me è proprio questo lo scopo di questo corso, insegnarti qualcosa di nuovo e trasmetterti conoscenze per permetterti di ampliare le tue capacità e permetterti di fare nuove esperienze, nuove avventure.
Ci è stato ripetuto diverse volte durante il corso che questo è solo l’inizio, che questi sono i nostri “primi passi in un mondo più vasto”. L’altra cosa che ci è stata ripetuta spesso è che non si tratta di uno sport; infatti, a mio parere non si può vivere l’alpinismo con la stessa filosofia degli sport, l’alpinismo è più uno stile di vita, è il vivere la montagna sulla propria pelle sotto ogni aspetto.
Ho cominciato questo corso di alpinismo con la speranza di soddisfare proprio questo, il desiderio di imparare qualcosa di nuovo e quello di affrontare nuove avventure. Ovviamente entrambe le cose dovevano essere una sfida, qualcosa che mi facesse uscire il più possibile dal comfort. E posso dire di essere stato pienamente soddisfatto, nonostante avessi già provato ad arrampicare ogni insegnamento teorico è stato nuovo per me e ad ogni uscita pratica ho dovuto fare cose che non avevo mai fatto prima. Durante l’intero corso mi sono sentito sfidato costantemente a fare cose sempre nuove e in situazioni sempre diverse, questo è servito a far solidificare le conoscenze apprese sempre più man mano che avanzavamo nel tempo.
Uno dei momenti che più mi è rimasto impresso è stata l’uscita sulla Grignetta, quando abbiamo arrampicato sul Torrione Magnaghi e abbiamo fatto una calata in doppia, ricordo che la parete era leggermente strapiombante, avevo fatto un Machard con troppe spire (uno dei tanti errori che mi hanno fatto imparare qualcosa) e stavo facendo una fatica incredibile a scendere, mentre il mio avambraccio bruciava mi sono fermato per un secondo e mi sono guardato intorno, c’ero solo io in quel momento, io e la montagna, sotto di me il vuoto e solo la corda mi impediva di caderci dentro, il cuore ha cominciato ad accelerare, non riuscirò mai a descrivere cos’ho provato in quel momento, dovevano mandare un poeta, forse così avrebbe potuto descrivere cosa si prova, la cosa sicura è che ho pensato “domani la vita normale mi sembrerà estremamente noiosa”.
Man mano che andavo avanti nel corso ho pensato spesso ai pionieri della montagna, che hanno dato inizio all’alpinismo. Riflettevo su cosa volesse dire per loro arrivare di fronte a una parete di diverse centinaia di metri e senza certezze di quello che avrebbero affrontato e senza avere tutti i nostri equipaggiamenti moderni si buttavano nell’avventura. Devono aver avuto un gran bel coraggio per affrontare la paura dell’ignoto, non sapere il grado di difficoltà della parete, non sapere la lunghezza e le caratteristiche della roccia deve essere stato spaventoso, eppure il loro coraggio li spingeva a superare tutti questi ostacoli.
Per concludere molti vedono la montagna come una cima da inseguire, come un traguardo da raggiungere, io non la vedo così, per me il percorso, la fatica e la sofferenza sono la parte più bella della montagna, proprio queste difficoltà la rendono degna di essere vissuta, se l’unico obbiettivo fosse di arrivare in cima per vedere il panorama allora farlo usando una funivia o un elicottero dovrebbe dare la stessa soddisfazione, ma così non è.
Voglio ringraziare dal profondo del cuore i miei compagni di avventura e gli istruttori che hanno avuto la pazienza di sopportarci e hanno cercato di trasmetterci tutte le loro conoscenze.
Samuele