L'Arte di Azzerare (Cresta Ongania allo Zucco Pesciola)

le Grigne dalla via
Regione: 
Lombardia
Gruppo montuoso: 
Orobie
Località: 
Zucco Pesciola, Gruppo Zuccone Campelli
Difficoltà: 
IV+

Sono una persona spesso indecisa ma mi rendo sempre conto, che quando non ci penso troppo, prendo le scelte migliori...

 

Sabato è stata una giornata intensa, dettata dalla necessita di staccare il cervello dopo giornate per me pesanti.  

La mattina faccio una bella scialpinistica al Piz Mellasc con Giorgio. Poi mi trovo direttamente a Civate con Manuel e decidiamo di andar a far 3 tirelli al Solarium, giusto per il gusto di appenderci un po' ai rinvii...

Tra un resting e l'altro mi chiama Fede, che era a sciare con Ciccio, e mi chiede: "domani andiamo a fare l'Ongania al Pesciola?". 

Senza pensarci e troppo rispondo con un: "ma sì dai..."

Pronti, via! é domenica mattina e ci mettiamo in coda verso il parcheggio della funivia per i Piani di Bobbio, tra tutti i milanesotti che si dilettano sciatori ma risultano spesso degli improbabili frequentatoti delle montagne. Mi guardo, sono vestito strano e stupidamente  mi sento diverso e un po' superiore alla gente "normale" che mi circonda. Forse è anche questo che cerchiamo quando andiamo a scalare...alimentiamo la nostra vanità.

Scendiamo dalla gabinovia e ci incamminiamo controcorrente, risalendo le piste che cominciano ad essere invase dagli sciatori. Incrociamo una famiglia di anomali montanari che trascinano un trolley, felici per aver passato la notte in rifugio. Proseguiamo verso "Il Lecco", lo passiamo e ci inoltriamo nel "vallone dei Camosci". 

I pochi passi ci troviamo nella montagna quella vera, a faticare e sprofondare nella neve. Risaliamo un ripido pendio che ci porta verso la cresta, all'attacco delle difficoltà. Ora un vento gelido ci sferza il viso e ci congela; siamo passati dalle assolate piste super frequentate ad un ambiente prettamente alpino o meglio... alpinistico.

Ci leghiamo e parto da primo. Io sono un tira tacche e subito capisco che scalare con questo freddo, con i guanti e ramponi, non sarà cosa semplice... è un continuo pendere e togliere la piccozza a seconda delle necessità ma mi abituo in fretta e passo abbastanza veloce le prime lunghezze che poi lasciano il passo a una successione di sali e scendi per canali e paretine da percorrere in conserva.

Per fortuna il vento ci ha abbandonato e quando ci troviamo esposti sul versante a sud un tiepido sole ci scalda. La vista è magnifica e solo le cime più alte emergono dal mare di nuvole che sale dalle pianure. I rumori dei gitanti sci-muniti non ci raggiunge e ci sembra di essere persi nelle alpi.

Ancora qualche semplice ma caratteristico passaggio ci porta alla base delle ultime due lunghezze che mi mettono alla prova.

Innanzitutto devo scavare nella neve per trovare la sosta. Trovo un solo fittone che poi si rivelerà essere il primo del tiro, la sosta vera e propria è sotto ad almeno 2 o 3 metri di neve.

Parto e subito capisco che sarà dura. Appeso ad un improbabile spuntone tolgo i ramponi e provo a scalare con gli scarponi, riesco a fare qualche passo in più ma non arrivo al resinato. Li Ciccio spara la sua perla di saggezza: "aggancia il chiodo con la Picca". Detto fatto: salgo, trovo una buona presa, sfilo la picca, metto il rinvio e passo la corda.

"Bloccaaa!".

Da li in poi do il meglio di me, un passo e metto un friend, lo tiro, faccio un altro mezzo passo e metto un altro friend, tiro pure questo, faccio un ultimo passo su tacche sporche di neve e arrivo ad un altro resinato.

"Bloccaaa!".

Appeso al resinato rimetto i ramponi perché i metri successivi sono sporchi di ghiaccio. Parto aiutandomi con la picca e con passi delicati prima su misto e poi su ghiaccio arrivo in sosta. Anche l'ultimo tiro in un ostico diedro mi mette alla prova ma ci porta sull'ultimo facile tratto che da accesso alla cima.

La classica stretta di mano in vetta lascia il passo a una facile e velocissima discesa per un canalone che ci riporta velocemente nel marasma della civiltà in coda per prendere gli impianti di risalita e che scende veloce per le piste senza guardarsi attorno.

Concludo con un brano de "Il fortissimo" prima di una sua grande scalata:

"Nel pomeriggio del giorno seguente, ultimata la preparazione del sacco esco per le vie della città per dar aria alla mia eccitazione. Quasi automaticamente salgo al monte dei Cappuccini. Sento il richiamo del vento lontano che rende più trasparente il tramonto, colorando di verde l’orizzonte. Sopra il Gran Paradiso due nuvolette riflettono ancora l’ultimo sole. Sotto di me la città sta accendendo le prime luci. L’idea dell’azione vicina suscita in me strane sensazioni e contrastanti pensieri. Provo una grande commiserazione per i piccoli uomini, che penano rinchiusi nel recinto sociale che sono riusciti a costruirsi contro il libero cielo e che non sanno e non sentono ciò che io sono e sento in questo momento. Ieri ero come loro, tra qualche giorno ritornerò come loro. Ma oggi, oggi sono un prigioniero che ha ritrovato la sua libertà. Domani sarò un gran signore che comanderà alla vita e alla morte, alle stelle e agli elementi."  (Giusto Gervasutti)

Un Socio del CAI e Istruttore della Scuola di Alpinismo R. Cabiati

 

 

 

11/02/2018
L'ultima torre della cresta
sui tratti facili
alla fine delle difficoltà