Rinuncia Vs Perseveranza

Manuel lungo il traverso
Regione: 
Bernes, CH
Gruppo montuoso: 
tällistock
Difficoltà: 
VII-

E siamo ancora qua. Le vacanze stanno per cominciare, ma prima di goderci il “meritato” riposo decidiamo di affaticarci ancora un po’. Le proposte sono tante, tutte molto allettanti, così come i compagni, ma il meteo instabile di queste settimane stronca le gambe a tutti e tutto. Ci troviamo quindi in due, io e Gigi a vagliare tutte le nostre "fantasie alpinistiche". Compatibilmente con tutte le variabili in gioco la scelta ricade per il Tällistock, via Inwyler-Bielmeier, una cima in Svizzera in zona Sustenpass.

La partenza è fissata per le 4:15, ma il mio socio ha il vizio di litigare con la sveglia la mattina, per cui per le 4:45 siamo in viaggio verso la svizzera. Nonostante l’ora il traffico in autostrada è sostenuto, ci ritroviamo così fermi a pochi km dal traforo del Gottardo in coda. Perdiamo più di mezz’ora per questo inconveniente e continuiamo a sommare minuti preziosi di ritardo alla nostra tabella di marcia. Arrivati alla funivia che conduce al rifugio Tällihutte ci mettiamo subito in viaggio prima e in cammino poi.

Sono le 8 quasi e stiamo già camminando, l’avvicinamento alla parete è dato 1,30 h ed è abbastanza difficoltoso. Cerchiamo di orientarci in questo mare di cenge fatte di prati verticali, ma la situazione meteo sta lentamente peggiorando: il freddo aumenta e le nuvole si stanno velocemente abbassando. Basta poco e ne siamo totalmente immersi, perdiamo qualsiasi punto di riferimento e cerchiamo di orientarci solo con una foto della parete che consultiamo di continuo per cercare di capire dove siamo. Continuiamo a girovagare, troviamo finalmente una corda fissa che ci fa pensare di essere nel posto giusto, la risaliamo e siamo finalmente sulla cengia finale, dove comincia la parete. La situazione meteo è sempre peggio, girovaghiamo avanti e indietro alla ricerca dell’ “evidente diedro aperto che chiude la parete” ma la visibilità ci permette solo di vedere dove stiamo mettendo i piedi, figuriamoci di vedere la parete. Camminiamo senza meta,comincio anche a perdere la certezza di essere nel posto giusto, non sono più sicuro che quei 5 metri di parete che riesco a vedere nella nebbia siano la parete vera e propria piuttosto che un altra bastionata che porta all’ennesima cengia. Continuiamo a camminare, senza una meta precisa fino a quando sentiamo dei rumori che qualsiasi alpinista sa riconoscere: rumore di “ferraglia” moschettoni e materiale vario: ci fermiamo per ascoltare meglio. Gridiamo ma non abbiamo nessuna risposta. Restiamo in ascolto e il rumore sembra continuare, ci avviciniamo sempre di più, continuiamo a gridare ma non abbiamo nessun riscontro. Pensiamo di essere sotto la ferrata che sale la parete, cerchiamo informazioni on-line per capire dove passi la ferrata, in modo da poter avere qualche punto di riferimento per poterci orientare in questo mare di nebbia. Non troviamo niente, continuiamo a gridare ma non arriva nessuna risposta dalla parete fino a quando uno spiraglio nelle nuvole, quasi come un segno del destino, ci permette di vedere una persona in sosta che recupera il suo secondo.

Capiamo di essere nel posto giusto e ci fondiamo all’attacco: pochi minuti per prepararci e Gigi parte sul primo tiro. Mentre faccio sicura penso alla situazione in cui siamo: il tempo è pessimo, siamo completamente bagnati dai piedi alle gambe per avere camminato in mezzo all’erba bagnata, fa freddo e sono le 11 passate. Siamo decisamente in ritardo. La via è molto lunga e sostenuta, la discesa è parecchio complicata, la ritirata dopo i primi tiri è impossibile. I miei pensieri sono interrotti da un “molla tutto” che arriva dal bel mezzo del nulla. Senza neanche pensarci lascio andare la sicura, prendo lo zaino e parto. Mentre arrampico un pensiero va al termometro della macchina che in basso e col sole segnava 7°, io sono completamente zuppo, non mi sento le mani, sto arrampicando malissimo, senza nessuna fiducia. Mi era già capitato questa estate di essere in questa situazione e non è stato facile arrampicare senza aver nessuna percezione sulle mani per il freddo. Arrivo in sosta e faccio presenti tutte le mie paranoie al mio compagno. Gli spiego situazione, siamo completamente al corrente che dal secondo tiro in poi la situazione cambia, i tiri diventano sostenuti e fino in cima non si scherza più. Senza possibilità di ritorno dopo il famoso traverso della via. Il problema più grosso è il freddo, e la possibilità di un temporale renderebbe la situazione molto complicata. Gigi controlla la situazione meteo e mi rassicura: la situazione è stabile tutto il giorno sui vari siti di previsioni. Siamo convinti, continuiamo verso l’alto!

Arrampichiamo alternandoci ogni 4 tiri per stare il meno tempo possibili fermi al freddo in sosta. Arriviamo finalmente al famoso tiro del traverso, e lo stesso fato che prima ci aveva premiato facendoci trovare la strada decide di beffarci regalandoci un varco tra le nuvole e concedendoci una vista su tutta la parete e sulla esposizione super del tiro. È il turno di Gigi che divora letteralmente il tiro. Seguono altri tiri in placca, fino ai camini finali.

Sono io davanti nei tiri finali, il primo camino è da incubo, bagnato. Mi ci infilo dentro, qualche passo “psyco” finalmente sono fuori. Recupero il mio compagno e continuiamo. Siamo quasi alla fine. faccio il penultimo tiro e sono alla base dell’ultimo temuto camino. Mentre recupero il mio compagno penso a come sarà quel tiro. Gigi arriva, dà un occhiata verso l’alto infila le mie corde  nel secchiello e mi dice “buon viaggio” e parto. Il tiro è un camino enorme di 50 metri, che la relazione dà “molto impressionante, se asciutto non difficile”. Mentre arrampico in questo camino umido e scivoloso penso agli apritori che salivano negli anni 60 con degli scarponi e una corda legata in vita. Finalmente il camino giunge al suo termine, siamo in vetta alle 18:30 e cominciamo subito la discesa che sarà molto lunga e complicata.

Troviamo il canale giusto scendiamo fino a reperire la prima doppia e cominciamo le calate dapprima su pendii molto verticali, poi su salti rocciosi. Il fato ci tende l’ultimo scherzetto della giornata facendoci incastrare le corde durante un recupero. Il mio compagno risale per liberarle e proseguiamo con la discesa. Ormai il sole è già tramontato, c’è ancora un po’ di luce ma il ghiaione alla base è ancora parecchio lontano. Il buio giunge mentre Gigi è impegnato con la discesa in doppia, penso che cercare le soste al buio senza neanche una frontale non deve essere per niente semplice quando sento “Manuel libera, sono a terra”.

La prima parte più impegnativa della discesa è terminata, ora non ci rimane che ritrovare al buio gli zaini abbandonati in un canale alla mattina, incamminarci verso il rifugio e concederci una lunga camminata verso la stazione a valle della funivia sotto un cielo stellato che in città risulta impossibile da vedere. Ritornati alla macchina ci aspetta il lungo viaggio di rientro che mi riporta a casa esattamente a 24h dalla sveglia del giorno prima. Direi che è stata una giornata intensa, proprio quello che ci vuole per godersi il, questa volta meritato riposo.

Grazie a Gigi per avere condiviso con me questa giornata intesa

 

Manu P.

 

Relazione: https://www.caiseregno.it/relazione/t%C3%A4llistock-inwyler-bielmeier

11/08/2018
i primi tiri della via
Diedri strapiombanti
Diedro fessurato
Spiraglio di sole sul traverso
L'immenso camino finale
Finalmente in vetta