"Defecare lontano dalla tazza"

La parete Sud-Est del Manduino
Regione: 
Lombardia
Gruppo montuoso: 
Masino - Bregaglia
Località: 
Alta val dei Ratti

“Defecare lontano dalla tazza” è la traduzione in maniera più aulica del tipico detto “cagare fuori dal cesso”. La forma cambia ma il significato alla base è lo stesso. Ovvero un modo di dire utilizzato quando una persona ha compiuto qualcosa di troppo azzardato. Una persona, o più di una in questo caso. Si perché da un paio di settimane io e Beppe stiamo cercando di organizzare una salita che ci impegni il weekend, le proposte sono tante, tutte molto invitanti che vanno dalla roccia alle cascate passando per il misto. Il giorno scelto per la partenza si sta avvicinando sempre di più, alcune mete sono state scartate per condizioni varie e altri motivi, ma rimane comunque una bella rosa che spazia su tutto l’arco alpino. Sarà il meteo a decidere la salita al nostro posto, così ci sentiamo venerdì tardo pomeriggio per la scelta definitiva. Le possibilità in gioco sono rimaste 2, mi sbilancio per una e Beppe accetta di gusto. Così partiamo sabato mattina, alla volta di Verceia dove abbandoniamo la macchina e ci incamminiamo verso il rifugio Volta. La segnaletica ufficiale segnala 5h di cammino, e già comincio a maledire il programma della giornata ma Beppe dice sempre che i tempi dei cartelli sono sempre sbagliati. Così dopo 3h 45’ con tanto di pit-stop-panino e dietro-front per aver sbagliato sentiero (i cartelli avranno anche le tempistiche sbagliate, ma sarebbe meglio leggerli) varchiamo la porta del rifugio Volta, in alta val dei Ratti.

Ovviamente il rifugio è vuoto, è autogestito quindi ci ritroviamo a scaldare tonnellate di neve sulla stufa per ottenere qualche litro d’acqua con cui farci un the caldo e un piatto di pasta. Mangiamo, riordiniamo il tutto e puntiamo la sveglia. Il programma originale era per una alzata alle 7:00, ma al momento di puntarla Beppe esclama “facciamo anche 6:30 che non fa male”. Va bene, prepariamo il letto e prima di spegnere la luce vedo Beppe armeggiare con l’orologio e dire: “facciamo anche 6:15 che è meglio”. “Ok”. Mi metto a letto prima che la sveglia venga anticipata nuovamente e ci metto un po’ a prendere sonno. Mi giro e mi rigiro nel letto, mi sveglio di continuo, cambio posizione e mi riaddormento. Fino a quando Beppe mi sveglia, ed esclamo “ca..o non ho neanche sentito la sveglia, me la stavo dormendo proprio di gusto”, e ricevo prontamente la risposta “no, non è ancora suonata, sono le 6:10”. Insomma il solito Milesi che tutti conosciamo. Facciamo colazione, sistemiamo il rifugio e partiamo verso la nostra meta. Ma quale sarà la metà che ha dato questo titolo così pittoresco al report? Il nostro obiettivo della giornata è la cresta sud del sasso Manduino, cresta alpinistica di difficoltà non elevate in realtà, ma con un notevole sviluppo, l’elevata possibilità di perdere il tracciato originale ed infilarsi nei “guai” e una discesa dove è facilissimo perdere l’orientamento. Queste sono le condizioni che si trovano in estate, ma in inverno si sa tutto è diverso, e non in senso migliorativo. Ma alcune cose doveva ancora scoprirle. La prima è che arrivare all’attacco della via in 20 minuti non ce la farebbe neanche il migliore degli sky-runner in estate, figuriamoci in inverno. La neve che risale il canale è a tratti buona, si “sfonda” il giusto e a tratti sembra di giocare a “campo minato”, sprofondiamo fino alla vita nei crateri delle varie gande che compongono il fondo del canale. Tra i vari Angelus domenicale raggiungiamo finalmente la sella dove la cresta vera e propria comincia. Sono le 10:00 e con il caldo cominciamo ad arrampicare. Beppe mi cede l’onore di partire, i primi tiri si sa sono sempre quelli che fanno da filtro, da lì in poi, vista anche la difficoltà di riuscire a fare sosta decidiamo di partire e arrampicare in modalità “cordata dinamica”, ovvero in conserva. Si parte fino a quando si finisce il materiale, ci si ferma e il secondo con tutto il materiale raccolto riparte. Completiamo abbastanza velocemente la prima parte di cresta, risaliamo lo spallone e ci immettiamo nella cresta alta. Qui finalmente dopo ore e ore di arrampicata troviamo la prima sosta, che non fa mai male e da la certezza di essere sul percorso giusto, proseguiamo incrociandone ancora un paio fino a dove la cresta si abbatte ed ha un andamento più orizzontale. Da qua cominciano crestine affilate che vanno risalite e ridiscese per il versante opposto, un dedalo di torrioni che vanno prima arrampicati per poi discenderli in corda doppia dalla parte opposta. L’ultima parte è veramente lunga, complessa e interminabile. Dopo l’ennesima doppia ci ritroviamo finalmente su una selletta ai piedi dell’ ultimo torrione, dove un diedro e l’ultima facile cresta dovrebbero condurci in vetta. Il diedro è intasato di neve e oramai senza che ce ne accorgessimo il sole sta tramontando.

La vetta è li, a pochi metri da noi, ma senza neanche parlarne decidiamo di rinunciarci e cominciare con la discesa, in modo di trovare la giusta via con gli ultimi raggi di sole. Facciamo una prima doppia che dovrebbe permetterci di raggiungere la via normale, che dovremmo utilizzare per la discesa, piuttosto laboriosa e complessa. Ma così non è, siamo su un pendio nevoso sospeso sulla parete Est. Decidiamo di abbandonare dei chiodi e fare un ulteriore doppia per aggirare uno sperone che dovrebbe condurci al canalone dove sale la normale. È già calato il buio, e con esso la nostra possibilità di orientarci in parete. Finita anche questa doppia di soste di calata non c’è traccia, ma ci convinciamo comunque di essere nel posto giusto e predisponiamo un’altra sosta da abbandono per continuare con le calate. Per risparmiare decidiamo di calarci su un solo chiodo, ma ci troviamo nella stessa situazione di prima. Abbandoniamo anche l’ultimo chiodo e poi cominciamo ad inventarci posti dove incastrare cordini che ci permettono di discendere il canalone, troppo ripido ed esposto per poter essere percorso in discesa senza rischi. Un chiodo trovato ci da la speranza di essere nel posto giusto e comincia a balzarci l’idea che tutte le relazioni sulla discesa sono state scritte (ovviamente) durante le ascensioni estive, quindi i facili trasferimenti a piedi per tracce tra una doppia e l’altra sono completamente annullati da quel velo bianco che rende tutto così uguale e pericoloso in inverno. Il canale termina con un salto di roccia e intuisco che li non basterà un semplice cordino incastrato ma quella doppia ci costerà parecchio in termini economici. Fortunatamente a pochi metri dal salto scorgo una sosta di calata. Ciò ci da la conferma di essere nel posto giusto, facciamo l’ultima doppia da 30 metri e a questo punto una cengia sospesa su una bastionata dovrebbe depositarci sui pendii basali. Decidiamo di fare un altra doppia da uno spuntone che ci deposita sul ripido pendio, che affrontiamo in discesa viso a monte per potere mettere finalmente i piedi per terra. Scendiamo velocemente per recuperare il materiale che avevamo abbandonato la mattina e guardiamo l’orologio. Sono le 20:30, ovviamente il telefono non prende dal giorno prima e la nostra ultima preoccupazione è ritornare abbastanza veloci sul sentiero e sperare che il telefono prenda in fretta per potere avvisare le nostre famiglie che tutto va bene. Riscendiamo l’ultimo canalone innevato e finalmente siamo sul sentiero. Beppe sfodera il suo animo podistico e dopo mezz’ora siamo già alle prime baite, dove finalmente il telefono prende. Avvisiamo le rispettive famiglie, e ci rimettiamo in marcia, ci aspettano ancora almeno 2 ore di discesa che ci permettono di arrivare alla macchina poco prima di mezzanotte, stremati e  contenti nonostante la rinuncia a pochi metri dalla vetta. Ma anche questa volta abbiamo imparato qualcosa.

 

Manuel P.

13/02/2022
Il sasso Manduino visto dal lago di Como
Il canale che abbiamo salito come accesso all'alta Val dei Ratti
Il rifugio Volta
La cucina nel rifugio
La parete Est del Sasso Manduino
Verso l'attacco della via
La forcella di Revelaso, dove comincia la cresta Sud-Est
Il filo della cresta Sud-Est
La parete Sud e la vista sul lago di Como
Sullo spallone, pronti per affrontare la seconda parte della cresta
La seconda parte della cresta
Ore 20:40 finalmente alla base della parete