Legàmi

Venerdì 18/10 ore  15.30: Arriva la conferma che l'indomani causa meteo non si andrà ad arrampicare su parete. Un dramma si consuma in me. Sia chiaro, la cosa era già nell'aria da qualche giorno ma esserne certi è tutta un'altra storia; la voglia di riabbracciare finalmente la roccia era cresciuta forte nelle due settimane precedenti e la consapevolezza di non poterla ancora soddisfare è un duro colpo.

I grandi capi comunicano che l'uscita sarà spostata in palestra; non ne sono particolarmente euforico ma sicuramente può essere una buona occasione per migliorare tecnicamente.

Sabato 19/10 ore 14.00: Sono appena rientrato in casa e mi sto godendo la meritata doccia calda dopo una mattinata di saliscendi sulla parete.

Mi accorgo che questa uscita, che certo non emoziona come la montagna, mi ha dato modo di riflettere molto sull'arrampicata.Sarebbe infatti riduttivo pensare che sia solo una questione di giungere in cima alla parete, di superare il passaggio ostico o di fare tiri sempre più difficili. Non per questo una volta finita la giornata ti vien voglia di tornare subito in parete. La vera forza di questa disciplina è infatti nascosta all'altro capo della corda che come un cordone ombelicale ti pone immediatamente in legame con l'altro. È paradossale: al di là di quei 70m potrebbe esserci chiunque eppure per te che sei in parete è importantissimo sapere chi c'è. Si crea immediatamente un muto legame, costruito in parte su ciò che si dice e in parte su ciò che si sente.

Credo sia questo ciò che ci attira dell'arrampicata: la leggerezza di poter affidare la propria vita nelle mani dell'altro al solo prezzo di scambiarsi a fine tiro.

Così la giornata iniziata non nel migliore dei modi si rivela terreno fertile per piacevoli riflessioni.

Oh, qual più felice conclusione.

 

Jacopo.

19/10/2024