“Driiiiiin”. La sveglia. 3.10AM. Poche volte mi sono svegliato così presto, se non per qualche viaggio in auto, con levatacce che potessero farci evitare qualche ora di traffico autostradale. E in un certo senso, anche in questo caso si potrebbe dire lo stesso. Di sicuro, non mi sono mai svegliato alle 3.10AM in un rifugio a 2706m s.l.m., il celebre Rif. Pizzini, base per le più famose ascese del gruppo Ortles-Cevedale e che, in questo weekend, ospita tra gli altri anche la nostra scuola di Alpinismo.
Vestizione, colazione, sistemazione attrezzatura e via fuori nel buio delle ultime ore della notte. Bisogna essere precisi e sbrigativi, la strada è lunga e il “diretur” detta i tempi. Direzione: Monte Cevedale. Mettiamo alla prova quanto appreso il giorno precedente tra legature, progressione su ghiaccio…Neanche il tempo di arrivare all’attacco della bastionata che ci porterà al plateu che ospita il Rifugio Casati che le nostre frontali si spengono. Le stelle piano piano fanno posto ad una splendida alba: toni rosa e viola colorano la pala innevata del Gran Zebrù, Tresero e Punta San Matteo ci guardano le spalle mentre calziamo i nostri ramponi e ci leghiamo nelle cordate che ad una ad una partono all’attacco.
Primo vero strappo e subito si fa sentire la fatica. La neve dura aiuta ma le pendenze sono sostenute, il cuore pompa più forte e… “si ma ho il fiatone, sono asmatico!”. Ma il nostro Sam “Samvise Gamgee” non si sarebbe fermato di certo alla terra di mezzo.Stessa location, problematiche differenti. C’è chi soffre con i polmoni, chi qualche centimetro più in basso, ed è così che Giacomino si concede una “toilette” open air con vista come poche altre al mondo.
Usciamo dal ripido pendio nevoso e il sole ci accoglie mostrandoci pendii innevati che sembrano praterie, e una traccia di salita già scavata che ci mostra la strada. Si riparte, passo dopo passo si raggiunge il pendio finale che porta alla cresta che conduce alla croce di vetta ma Alt! Un “crepo” sta rallentando le operazioni di un paio di cordate che ci precedono. Passano, e tocca noi. Un saltino e passo sicuro ci permettono di sfruttare la neve ancora dura per non essere inghiottiti dal buio sotto di noi, che tanto stona con la neve candida che ci sorregge.
Quasi fatta, manca solo la cresta, tanto ventosa quanto godereccia. Si passeggia in direzione della croce dove la cordata di compagni d’avventura ci ha preceduto di qualche minuto. Foto di rito e via di ritorno, il vento ci fa capire che non siamo ospiti graditi lassù.
Nel verso opposto si accalcano un numero incalcolabile di cordate che, alle prese con il crepaccio, danno spazio alla creatività per nuove tracciature verso la cresta, non senza qualche rischio. E infatti veniamo a sapere di un malcapitato che, per un motivo o per l’altro, nel crepo ci è finito, per fortuna senza gravi conseguenze, se non rallentare le operazioni di tutti quanti intorno. Traffico in tangenziale? Macchè, a 3700m!Ah, sante “partenze intelligenti” e sveglie hardcore!
Si rientra, ricongiungendosi con gli altri compagni che, sfortunatamente, non raggiungeranno la cima. Tranne la cordata Giacomino-Paolino che con uno sprint alla Usain Bolt doppiano tutti e volano in vetta. Brutta bestia l’invidia, si dice. Lo sa bene il Beppe, che non resistendo alla “toilette” vista Zebrù di Giacomino lo imita in quattro e quattr’otto, con buona pace della privacy dell’intimità.
Puntiamo alla Pizzini, ripercorrendo la via di salita e sostando alla Casati, dove ci sleghiamo per una discesa in versione “light”. Per tutti, tranne che per Pepi, letteralmente sceso “al guinzaglio” con il direttore che lo segue a vista. Rimedi vecchio stile per malesseri psico-fisici causati dall’altitudine che stordiscono e non fanno ricordare nemmeno nome, età e occupazione… o quasi.
Ormai è mattino inoltrato, il sole ha riscaldato gran parte del rigelo notturno. Sorpassiamo ruscelli e piccoli nevai giungendo alla base, dove raccogliamo le nostre cose prima di caricarle sul Defender che le porterà a valle. Quanto a noi, giù a piedi! Ci aspetta l’ultima ora di cammino verso le nostre auto che ci traghetteranno a casa. C’è tempo per ripensare e rivivere le immagini di queste giornate, spese imparando e gustando le bellezze di un ambiente che ancora per poco ci riserverà tale bellezza. Con gli occhi gustiamo il bianco della neve e le rocce rossastre che lasciano il posto a pini e vegetazione rigogliosa. Dentro di noi le aspettative e le speranze lasciano il posto a soddisfazione, gratitudine e… felicità!
Edo 18/06/2023