È strano, di martedì, uscire dal lavoro e con il favore del buio, che ormai giunge presto, tornare a casa per preparare lo zaino di arrampicata per il giorno seguente.
Fatto lo zaino, realizzo come sarebbe bello, se tutte le settimane lavorative fossero di quattro giorni; faccio una cena veloce, definisco l’orario e il ritrovo, quindi via a letto presto, anche se la sveglia del giorno seguente non sarà così massacrante.
Sveglia alle 5.50, mi preparo rapidamente, così alle 6.15 passo a prendere mio Zio (Beppe) e poi diretti al Martino Bassi, il solito ritrovo di noi climbers. Arriva la seconda cordata, Stefano e Gigi puntualissimi, incredibile!!!, il tempo di trasbordare il materiale su un unico mezzo, scelto, ma con poca scelta per il guidatore (Stefano) che con rassegnazione recita soltanto due parole: “Lo sapevo”. Sono le 6.35 si accendono i motori.
Si l’idea della distanza e ben 2.30h di viaggio, voglio essere sincero e non negarlo, un po’ mi ha demolito al solo pensiero, però a posteriori devo dirla tutta, il viaggio è volato. Infatti tra un aggiornamento app del telefono nuovo di Gigi e due o tre chiacchiere, raggiungiamo rapidamente il tornante specificato nella relazione, dove parcheggiamo.
Ci armiamo di zaino, corde e ci incamminiamo verso l’attacco, che raggiungiamo poi in poco tempo, la solita mezz’ora, che guarda un po', quando davanti c’è lo zio diventano venti minuti. Io e mio zio attacchiamo sulla Bonino-Rolando, mentre Gigi e Stefano scelgono la via: L’ombra del Maestro, entrambe salgono sul torrione Anna. Il primo tiro lo faccio io, arrivo in sosta, poco in là arriva anche Stefano, mentre recuperiamo i nostri compagni di cordata, lo guardo e gli dico: “Ma piove?”, con un fare tranquillo mi guarda, e risponde con un secco: “Mavva, ma non dirlo neanche, non essere pessimista, guarda quante cordate stanno arrivando, non avranno sbagliato tutti a consultare le previsioni meteo?”
La prima via passa veloce fino a giungere sulla cima del torrione Anna, dove recupero mio zio, e una volta arrivato in sosta con varie relazioni alla mano, cerchiamo di capire dove proseguire per la via successiva. Per non rischiare di prendere quella sbagliata e sicuramente più dura, valutiamo bene e poi mandiamo Gigi all’avanscoperta della parete in fronte a noi. Identificata la via si riparte.
Qua le difficoltà si alzano, quindi mio zio si autoproclama, o forse lo proclamo io?? Agnello sacrificale da mandare avanti. Già dal primo tiro si sente che il livello si è alzato, in poco però sento “Molla tutto” e quindi inizia a recuperare le corde e parto io. Con qualche magheggio sono in sosta mi assicuro e su per il secondo tiro, ovviamente sempre fatto da mio zio.
Davanti a noi ci sono Gigi e Stefano che partiti inizialmente su un’altra via si ricongiungono a noi, e ora ci precedono. Sentendoli da sotto il tiro che hanno appena fatto, ovvero quello che a breve dobbiamo affrontare anche noi, pare sia abbastanza duro. Penso: “Perfetto dovrò ragliare anche da secondo ho già capito”. Mio zio parte, si vede l’esperienza, con la quale riesce a uscire dal passaggio duro con qualche sgamo del mestiere e si porta sulla parte facile fino a raggiungere la sosta. Da sotto lo vedo che è arrivato alla sosta ma non sento “molla tutto”, passano 4 o 5 minuti e niente ancora. Eppure era in sosta: “cosa starà facendo?” La cosa mi insospettisce perché solitamente neanche il tempo di arrivare in sosta e già mi sta recuperando in piastrina. Niente rimango con le corde strette nella mano ad aspettare, finché sento “Molla tutto”. Ok, menomale, mi recupera e parto per il tiro, vari passi a metà del tiro sono veramente duri, quindi mi decido di mollare con l’arrampicata libera e dedicarmi a valutare l’ergonomicità, con le mie stesse mani, delle fettucce dei rinvii, ovvero “mungo”. Giunto quasi in sosta, mi arriva un odore inconfondibile, oserei dire un odoraccio. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, (per i lettori più affezionati del blog, questo è un flashback), vicino alla sosta poco lontano da mio zio, lo zio ha evacuato tutto il male che aveva in corpo, ammetto che era enorme, di dimensioni che poco hanno da invidiare ai prodotti dei più grandi pachidermi che popolano il nostro mondo.
Purtroppo c’è un ultimo tiro per noi, prima di giungere in cima, parte mio zio ovviamente e io sotto a fare sicura, in compagnia di quell’odore nauseabondo che fino a metà tiro successivo non mi abbandonerà. Dall’alto in tanto vedo Gigi, che si presta a lanciare le corde per la doppia, ignaro del regalo di mio zio, mi dice: “Occhio alle corde Luca” e io ribatto: “Si occhio a dove le butti non tanto a me”.
Spiegato il rischio a cui sta andando incontro lanciando le corde, per un regalino fresco fresco, Gigi cambia piano e si cala più a sinistra, salvando le corde. Intanto nel frattempo mio zio arriva in sosta mi recupera e in breve siamo pronti per le doppie anche noi, con tre calate giungiamo alla base.
Smistiamo il materiale e ci incamminiamo verso la macchina, successivamente prendiamo la direzione del ristorante poco sopra i tornati, affamati come lupi. Un bel tagliere di affettati, vari formaggi e altre delizie locali, accompagnati da un buon dolcetto d’Alba, anticipa un primo bello abbondate, che mi riempie fino a farmi scoppiare, come penso anche i miei compagni di giornata. Finito di mangiare siamo subito in macchina, affrontiamo i tornanti cercando di tenere in corpo quello appena mangiato, mentre un pallido sole fa capolino tra il rado bosco di betulle. Il viaggio di ritorno è come quello dell’andata, veloce, tra una chiacchiera e l’altra parlando di macchine che hanno cinque marce e macchine che hanno la sesta marcia, in due ore e qualcosina siamo a Seregno.
Bellissima giornata, lontana dal maltempo nostrano della Brianza/Lecchese, anzi oserei direi un clima perfetto. Direi che il tema principale della giornata era lo spirito di scoperta di posti nuovi che non conosciamo, un po’ come esploratori nei migliori romanzi d’avventura.
La giornata però non finisce qua, perché nonostante la stanchezza avanzi e la voglia di dormire anche, non si può mancare al consueto appuntamento serale con il resto della banda per raccontarsi la giornata e scambiarsi i racconti davanti ad una bella birretta fresca. Soddisfatti della bella giornata finalmente chiudo e chiudiamo gli occhi, proiettati a un’altra avventura, magari meno “profumata”.
Barzaghi Luca.