Dicembre, il mese invernale, il mese del freddo, il mese della neve, così ci hanno insegnato per anni e anni, dalla prima elementare fino al liceo e oltre. Purtroppo negli ultimi anni non è più così, ci troviamo a passeggiare con maglietta e occhiali da sole a 2000mt. Ma nonostante tutto, c’è ancora chi ci crede, e al primo dicembre di ogni anno, prende picozze e ramponi e con lima e pazienza ravviva il filo degli attrezzi che servono per scalare il ghiaccio. Inizia così la stagione del ghiaccio, quello delle cascate gelate, dei canali di neve e delle goulotte (che sono sempre i canali di neve pronunciati alla francese). Di tempo ne è passato dalla mia prima spicozzata, almeno trenta anni, ma la passione ancora ribolle forte in me, come in un bambino che trepida la sera di Natale per aprire i suoi regali.
La regola più importante in questi casi e saper attendere e cogliere il momento giusto, quando le condizioni sono buone e hai il compagno, pronto a seguirti e ad assecondare le tue farneticazioni. Inizia così la ricerca della salita “giusta”, che parolona, lo sappiamo tutti che è tutto relativo, quello che è giusto per uno, non è giusto per un altro e viceversa.
Dieci dicembre si parte di gran carriera, sedici dicembre si fa il bis, poi qualcosa scricchiola, temperature folli, venti burrascosi, attenzione!!! Non arrenderti subito, lotta, provaci. Con il socio ci scambiamo moltitudini di mail e messaggi, si stabilisce che domenica 24 dicembre andremo a fare ghiaccio, location da definire, ma già una mezza idea si profila all’orizzonte. Sono gasato, euforico, sono alcuni anni che non andavo per ghiaccio alla vigilia di Natale, un tempo era un must per me e il NOSTRO amico Enry. Era un modo per evadere un pochetto, la frenesia del giorno prima, un momento tantrico, per questo sono veramente felice di rinnovare questa tradizione con un giovane compagno.
Organizzata l’uscita arriva l’ora di partire, 5.30 vengo prelevato in quel di Verano Brianza, con destinazione Ornica, all’ombra del Pizzo dei tre Signori, con destinazione: Goulotte della Sfinge, il viaggio è scorrevole niente traffico, un solo stop toilette per Beppe, arrivati al paese, prima tegola!!! Ordinanza comunale di chiusura strada, che ci obbligherà a 300mt di dislivello in più, pace, la giornata è bella… Zaini in spalla, si parte, sentiero 106, valle dell’Inferno, bocchetta dell’Inferno e finalmente la parete Nord-Est, in tutto questo ci stanno un sorpasso in curva e un allungo in contro pendenza per passare una cordata che si dirigeva verso il nostro obiettivo. Veloci sì, ma attenti, quel tanto da scorgere un chiodo da roccia “lost arrow” alla base dell’attacco della via, Sarà un regalo del NOSTRO Enry?
Veloci ci addobbiamo come un albero di Natale e cominciamo la salita, primo tiro, lungo più della corda. Secondo tiro, tecnico, ghiaccio sottile. Terzo tiro bel canale. Quarto tiro uscita in cresta. Facendo i conti 200mt di via, due ore di scalata, una stretta di mano, due sorrisi, una foto. Comincia la discesa per ripidi pendii e stretti canalini, fino ad incrociare la normale al Pizzo che seguiamo a ritroso per ritrovarci al cospetto della parete Nord-Est, giusto in tempo per fare due foto alla linea e notare, ancora un paio di cordate ingaggiate nella salita. Più scendi e più fa caldo, pazzesco. Alla macchina ci cambiano con 17° a mille metri il 24 dicembre, più che un solstizio mi pare un equinozio.
Sosta bar, un altro pianeta. Entriamo al bar e chiediamo due panini e due coca-cola, il barista ci invita a passare nel negozio in fianco per il panino, noi educatamente obbediamo. Usciamo dal bar ed entriamo nel negozio, chiediamo due panini, ma l’esercente è impegnata a vendere due coccarde rosse e un foglio di carta da regalo ad una paesana, fatto che la impegna un paio di anni luce; finalmente ci serve e al momento di pagare ci invita a tornare al bar, noi educatamente obbediamo. Rientriamo al bar e ordiniamo le due coca-cola, il servizio non è rapido, non è accelerato, è più un locale di Trenord, insomma ci alziamo e facciamo da noi, mangiamo, beviamo, quindi ci dirigiamo al banco per due caffè e il conto, il barista ci serve i caffè, poi chiama sul retro ed ecco apparire la signora del negozio in fianco. La guardo e sorniona ci dice: sono la moglie, la cassa la tengo io, totale 13 euro, forse la lentezza è un valore. Penso e condivido con Fede un pensiero: siamo a 100 km da casa, ma pare di essere a 10.000Km, in un altro mondo, dove sta la “verità”?
Per strada nessuno, il rientro è veloce, per il tea-time sono sulla mia poltrona a godermi il ricordo della giornata trascorsa, sembra un dejà-vù. Oggi con Beppe e Fede c’era anche Enry.
Beppe