Un bagno di sangue (ghiacciato)

Cascata del Castello
Località: 
Campo Franscia - Cascata del Castello

E come lo preparo uno zaino per andare a fare una cascata di ghiaccio? Ok Laura, fai finta che devi andare a scalare su roccia, come sempre: imbrago, ferraglia, cordini, casco… le scarpette saranno gli scarponi con i relativi ramponi. Un po’ di thè caldo, una manciata di indumenti contro il freddo e via, sono pronta per qualche ora di sonno prima della crudele sveglia puntata alle 4:30. Rimbocco le coperte, ma poi la folgorazione: per scalare si usano le scarpette… e le mani… STAVO DIMENTICANDO LE PICCHE!!

Ore 5:30 ritrovo al Bassi, siamo in 5, la macchina è carica e un pochino, nonostante la levataccia, lo siamo anche noi e io, devo dire, lo sono particolarmente: oggi affronterò la mia prima cascata di ghiaccio! Il piedino da fata di Simone ci deposita a Campo Franscia in un batter d’occhio, mentre l’occhio di falco di Milli individua (quasi) subito tale “Sasso dell’Agnello”, il punto del parcheggio. Dividiamo i materiali, zaino in spalla e si parte per la mezz’oretta di avvicinamento che ci porterà alla Cascata del Castello. L’aria è freddina, ma non così tanto, e mentre camminiamo le montagne dietro di noi cominciano a dorarsi con le prime e silenziose luci dell’alba. Che meraviglia! In breve, giungiamo davanti alla cascata: è incantevole, sembra che qui il tempo non esista. Ci pensate? Quella è acqua, è impossibile pensare di vedere l’acqua immobile. La vediamo muoversi in continuazione nei corsi d’acqua, nel mare, mentre cade dal cielo, mentre scivola sui vetri o mentre fluttua nell’aria sotto forma di piccole particelle. Come il tempo, che scorre in continuazione, attimo dopo attimo. E invece qui… qui l’acqua è ferma, immobile, come se non ci fosse più il tempo a farla scorrere, appunto. La chiamano Cascata ma forse dovrebbero chiamarla Immobilizzata, non credete?

È evidente che farmi tutte queste seghe mentali mi tiene al caldo, ma non durerà molto. Inoltre, la poesia si romperà presto nel momento in cui perderò qualsiasi tipo di manualità indossando i guanti: non ne ho ancora trovato un paio adatto alle mie micro manine! Mi ritrovo goffa persino a fare una cosa semplice come eseguire il nodo a otto sull’imbrago! Tutta questa rigidità mi fa sentire un po’ a disagio, ma almeno maneggiare il secchiello mentre faccio sicura al mio compagno mi fa sentire quel senso di familiarità che un pochino mi porta conforto. Nell’altra cordata parte Milli che, con la leggiadria di una farfalla mista al vigore di un fabbro, in un batter d’occhio raggiunge l’Abalakov 30 metri più in alto e prepara il primo tiro. Parte anche il mio compagno Fede, che con uno stile che descriverei “serafico” scala metro dopo metro raggiungendo il Beppe e preparando un secondo tiro. A questo punto è il momento di noi altri tre babbani neofiti di scalare in moulinette. Stefano e Simone in realtà hanno già fatto qualche esperienza, infatti salgono piuttosto decisi. E io? Cavolo, io mi diverto come una bambina! Riesco a salire senza troppe difficoltà e mi rendo subito conto del bagaglio che mi porto dietro dall’arrampicata su roccia: portamagnesite dimenticato sull'imbrago a parte, le braccia sono forti e “abbastanza coordinate” da non tenerle troppo rigide, riuscendo a non “ghisarmi” particolarmente. Di contro, però, il mio difettuccio del tenere sempre i talloni troppo alti si fa sentire: ho i polpacci in fiamme! Realizzo subito che di esercizio ne dovrò fare parecchio per riuscire a muovermi decentemente, ma intanto mi diverto da morire!

Realizziamo due salite in moulinette, dopodiché affrontiamo la cascata per la sua interezza: 60 metri, divisi in due tiri da 30 metri. Ancora, la familiarità nel manovrare corde e moschettoni mi fa sentire un po’ meno un pesce fuor d’acqua. Me lo godo, ma non durerà molto, perché c’è un’altra cosa in cui non sono tanto capace: schivare proiettili. Dall’alto arriva di tutto tra spindrift, palle di neve, pezzi ghiaccio, missili aria-terra, bombe a mano, meteore. Ed ecco che ci scappa subito il ferito! Simone viene colpito al naso e comincia a perdere parecchio sangue. Stefano, con il tatto di Aldo Baglio, dichiara che “questo naso è rotto” ma Simone, che sembra la reincarnazione di Zenone di Cizio, afferma che può proseguire tranquillamente col tiro successivo e più tardi, una volta a terra, col naso ormai nero dal sangue essiccato dirà addirittura: “ma se volete facciamo un altro tiro”. Nel vedere lo stoicismo di Simone mi tranquillizzo e parto per raggiungere Fede che mi aspetta alla sosta più in alto. Questo tiro lo affronto con due picche meno adatte allo scopo, mi sento un po’ più in difficoltà dove il ghiaccio verticalizza: con le picche curve del Fede mi trovavo molto meglio e lui si accorge subito del flirt che avevo iniziato a fargli (gelosone). Foto di vetta – che in questo caso è una “foto di albero” – e buttiamo le corde per una calata che ci depositerà al punto di partenza. Ci raggiungono anche Milli, Ste e Simo, facciamo un altro tiro su invito di quest’ultimo e, belli rilassati e un po’ congelati, decretiamo che è arrivata l’ora di andare - nel frattempo la cascata ha cominciato a popolarsi di numerosi altri scalatori, mentre noi abbiamo potuto godercela soli soletti!

Destinazione: un bel piatto di carboidrati caldi! E con le pance piene e i geloni domati ci avviamo per rientrare a casa. In macchina, come sempre nei viaggi lunghi, parliamo un po’ di tutto. Io continuo ad avere un sorrisone a 32 denti per il divertimento, il piacere della scoperta e la gratitudine verso i miei compagni che mi hanno permesso di vivere questa fantastica esperienza! Sicuramente lo rifarò e chissà che non mi verrà anche da investirci tempo e risorse… A proposito, tra le tante cose, ci confrontiamo anche sulla comodità delle varie piccozze che abbiamo provato.

Le nostre picche sono le più belle, vero Fede?

 

Un report scritto da Laura

13/01/2024
Cascata del castello
Simone
Laura
Il secondo tiro
In vetta - albero!
In calata
Il dream team
Verso i carboidrati caldi