“Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse”
Voglio iniziare in questo modo un po' dotto e forbito il mio récit d’ascension, giocando sul titolo di un bellissimo libro e una citazione del sonno poeta, Dante.
Quarta settimana di maggio, uno schifo come le precedenti due o forse tre, ormai siamo in pieno periodo monsonico, piogge, schiarite, umidità a mille, certo non giovano a tutti, vedi i meteoropatici e specialmente ai diversamente giovani. Così con un clima che non permette pianificazioni più lunge di una giornata, salta tutto, preparazione e allenamenti. Cerchi ti consolarti, navigando qua e la sul web se ci scappa qualche possibile bella salita, ma ci son ben poche opportunità; così sabato lo dedicherò alle faccende domestiche.
Mai scelta fu cosi disastrosa!!!
Convinto, raggirato, con magie e artifizi dalla consorte, prendo coraggio e vediamo di sistemare il disordine cronico che regna nella taverna adibita a refugium peccatorum. Coadiuvato anche dalla prole il mio compito sarà quello di organizzare il lavoro. La giornata passa senza intoppi, io già penso alla domenica in Grignetta dove con i miei due compagni saliremo una, due, ma anche tre vie; “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”.
Domenica mattina, ritrovo al solito parcheggio, al Martino Bassi, di cui ormai conosco ogni singolo centimetro quadrato, ho già tutto chiaro, carico in macchina i soci e via destinazione Resinelli. Parcheggiata l’auto, si preparano gli zaini, un sesto senso mi dice di caricare i due giovani del materiale e io di salire bello leggero; primi passi sono freschi e richiedono la felpa, eccezion fatta per Laura e Maraja due caldaie da 5000Kcal. Di buon passo maciniamo metri su metri e il sentiero delle Foppe è divorato, svolta a destra e su come camosci per il sentiero dei Morti, qui sento che il motore non sale di giri, come se andasse a tre; tengo botta ignoro quello che il mio corpo sta cercando di dirmi, finalmente siamo agli attacchi delle vie.
Come deposito lo zaino sento il motore spegnersi, un black-out, iniziano brividi di freddo e tremolii, “o madonna che mi succede”, lo penso ma non lo dico, nella speranza che sia semplicemente qualcosa di passeggero, ma passeggero non è!! I compagni si preparano ma io non riesco, vorrei lanciare un help del tipo “Houston abbiamo un problema”. Nulla la montagna mi ha vinto, mi inchino alla sua volontà, come un penitente porto me stesso e le mie membra mortificate al Rifugio Rosalba. Sarà una giornata non lunga, lunghissima, cinque ore bardato come se fossi a quattromila metri, a guardare quei ragnetti che si muovono sulle pareti del Cinquantenario e del Cecilia; unica nota positiva, faccio conoscenza con Francesca, un’allieva della Scuola di Corsico, anche lei oggi al tappeto.
Per riempire il tempo parliamo e discorriamo di ogni cosa che ci passa per la mente, si passa dal lavoro, agli affetti, dalle passioni ai viaggi, senza tralasciare società e politica, noti cavalli di battaglia dello scrivente. Verso mezzogiorno rientrano Fede e Laura, a seguire Damiano e Maraja, i primi due ripartono con i loro allievi, mentre i secondi fanno sosta al rifugio, si rifocillano, sistemano il materiale e cominciano la discesa per rientrare facendomi da tutor. La sensazione di freddo non è passata, in compenso è apparso un fastidioso mal di testa. Alla classica sosta dalla Cornelia, oggi, ormai da anni Forno della Grigna, non sarà festa, ma una veloce e melanconia apparizione, un fugace saluto per un veloce rientro a casa.
Prima cosa doccia, a seguire termometro, azz… 38.5°, è febbre!!! Novalgina e subito nel letto. Un primo riposino, poi mangio qualcosa, quindi guardo le foto della bella giornata che il gruppo ha passato, rispondo alle preoccupazioni degli amici e torno a letto.
Lunedi mattina sono a casa, non mi sento in super forma, vedo che sono stati pubblicati i report delle due giornate, comincio a leggerli in rigoroso ordine cronologico. Il report di Stefanin scorre veloce, bravo, molto bello; passo a quello di Chiara, qualcosa mi colpisce, una frase in particolare attira la mia attenzione, “felici di aver battuto sul tempo il direttore della Scuola Milesi e la sua incorreggibile voglia di arrivare primo”. Mi soffermo un lasso di tempo non quantificabile, come se un segno premonitore volesse dirmi, indicarmi, suggerirmi qualcosa. Forse è proprio così, il corpo lo sa, è la mente che deve arrivarci, non hai più ne venti, ne trenta, ne quaranta e nemmeno cinquanta di anni, panta rei.
Cercherò di farne tesoro. Beppe
“E siamo umani, solo umani” (cit.Litfiba)