Eccoci finalmente arrivati alla tanto attesa uscita di 2 giorni del nostro corso di alpinismo: la notte in rifugio, la salita in quota, il ghiacciaio, la vetta! E come al solito, immancabile, il meteo!!! In un certo senso è stato proprio lui a condizionare le scelte dei nostri insuperabili istruttori. Tutto minuziosamente programmato da mesi, al CAI di Seregno non si scherza mica, scelta della data in concomitanza dei festeggiamenti per il “nostro rifugio Longoni”, la macchina organizzativa è ben rodata e quasi ineccepibile, ma come si sa… al meteo non si comanda. Detto questo e consapevole del fatto che non esistono condizioni meteo “avverse” ma solo abbigliamento “inadatto” (ahahahahaha) mi ritrovo venerdì sera a preparare lo zaino assalito da dubbi amletici: questo o quello??? Sarà freddo o freddissimo??? Meglio una calza in più o una mutanda in meno??? Ormai sono anni che non passo una notte in rifugio o programmo una salita su ghiacciaio, diciamo che negli ultimi 10 anni mi sono dedicato ad altro (… … …) e negli ultimi tre non ho praticamente fatto attività sportiva, ma quest’anno ho deciso di iscrivermi al 42° Corso di alpinismo A2, potrei quasi azzardare alla ricerca di un equilibrio perduto!
Ma concentriamoci sulla cronaca: sabato primo luglio ritrovo h 6.45 per partire alle 7.00 da Seregno, un orario insolitamente “tardo” per dei provetti alpinisti che sfruttano solitamente le prime ore del giorno e al tempo stesso, insopportabilmente “presto” per gli amanti dell’arrampicata, che hanno giustamente orari ed abitudini differenti. Ma questo è il 42° Corso e passerà alla storia per il meraviglioso gruppo che si è via via creato tra tutti gli allievi e di questo vi voglio sinceramente ringraziare.
Ogni nostra mossa in questo fine settimana sarà condizionata dal meteo, si prevede infatti una finestra di bel tempo nella giornata di sabato mattina, dopo una settimana decisamente perturbata, poi nuovamente pioggia nel pomeriggio, quindi meglio non perdere tempo lungo il viaggio in auto, neppure la sosta per il caffè, ma inaspettata una foratura alla posteriore sinistra dell’auto di Roberto, non Il Roberto che vi scrive, io ho già forato la settimana precedente di ritorno dal Morteratsch. Ma non sono questi piccoli imprevisti a fermare il CAI di Seregno.
Sotto uno strepitoso cielo terso arriviamo in Val Malenco ed in breve a Chiareggio, è così bello che non sembra quasi vero, una luce meravigliosa ci circonda, azzurrissimo il cielo spazzato dal vento teso da nord, verdissimi boschi e prati abbondantemente innaffiati nei giorni precedenti, candida la neve fresca caduta oltre i 2.400 metri. In questo meraviglioso quadro fervono i nostri preparativi, chi si veste, chi si sveste, chi allaccia gli scarponi, chi li lega allo zaino, chi cerca una tazzina di caffè, chi si rolla una sigaretta… è questa istantanea che descrive il pittoresco assortimento del nostro gruppo, tutti diversi ma con la stessa passione per la montagna, ovviamente declinata in infinite tonalità.
Bene, è ora, si parte per il rifugio, il cartello indica due ore e trenta, lo zaino è indubbiamente pesante, ma io mi sento leggero una leggerezza interiore data dal piacere di essere parte del gruppo che si incammina verso una nuova avventura in montagna. Nel bosco si inizia a salire e le chiacchiere via via diminuiscono, usciti dal bosco qualche nube inizia ad addensarsi, l’obiettivo è arrivare al rifugio asciutti, senza prendere pioggia, e fortunatamente arriviamo per tempo al Longoni 2.450 s.l.m.
Si tratta proprio di un rifugio stile “rifugio”, che non ha subito trasformazioni modaiole e consumistiche e questo mi fa molto piacere, e inoltre sono piacevolmente sorpreso dalla coltivazione di pomodori nella serra costituita dall’ingresso della costruzione. Agli allievi è riservata la camerata, e io non resisto dal salire al terzo livello dei letti a castello, e di fronte a me, al terzo piano, si sistema Jacopo che poi sarà il mio compagno di cordata. La stanza si riempie in fretta e inizia un allegro e confuso vociare, ognuno ha qualcosa da dire o da raccontare, sembra di essere al mercato, immancabili le battute e le risate, e in un attimo è ora di pranzo. Devo ammettere un po’ di imbarazzo per la fame insaziabile dimostrata dal nostro gruppo, ogni cibo o prodotto servito da Elia e dal suo staff, viene letteralmente divorato, possiamo ammettere senza alcuna ombra di dubbio che godiamo di un sano buon appetito.
Nel pomeriggio arriva la pioggia prevista, e grazie al fatto che siamo praticamente gli unici ospiti al rifugio, viene organizzata la lezione di teoria nel refettorio, nodi, nodi e ancora nodi, ce n’è uno per ogni occasione, però è fondamentale ricordare quale e come deve essere eseguito alla perfezione, mai come in questo caso “repetita iuvant”. Gli istruttori ci descrivono manovre e tecniche operative, tutti gli allievi sono concentrati. A tratti la pioggia concede delle pause e il pomeriggio scorre veloce tra chi continua ad annodare corde, chi ad esercitarsi e simula manovre nella zona pomodori, chi cerca Artva nascosti tra i sassi, e che si concede un momento di relax.
I nostri istruttori si consultano con Elia il gestore che nei giorni precedenti ha osservato le variazioni del tempo, si ricorre alla tecnologia per vedere le previsioni meteo delle ore successive, si studia la cartina per definire il miglior itinerario possibile, avendo ben presente la sicurezza del gruppo e la finalità didattica della ascensione. Bene è deciso: si opta per la Sassa D’Entova 3.329 metri, anziché per il Pizzo delle Tremogge inizialmente ipotizzato come obiettivo. L’itinerario è più adatto considerando il forte vento previsto in quota, e la neve caduta ed accumulatasi nelle ultime ore. Un attimo di attenzione e pochi secondi di silenzio preludono alla formazione delle cordate, ad ogni accoppiamento istruttore – allievo nome partono immancabili i commenti, le battute, le considerazioni, e per me è tutto molto divertente!
Ora, per sintetizzare potrei scrivere “a cena e a letto presto” l’orario della sveglia non è fissata, e le indicazioni lapidarie del Milesi prevedono: colazione ore 5.00 partenza ore 5.30, e si sa che per il direttore della nostra scuola la puntualità è fondamentale! … … ma dato che ormai avrete capito che non sono proprio “dotato del dono della sintesi” non posso non raccontarvi che “la notte prima della ascensione” ha un sapore tutto particolare o almeno, lo ha e lo ha sempre avuto per me! Nella camerata dall’alto del mio letto al terzo piano posso osservare preparativi minuziosi, gesti rituali, piccole abitudini di ciascuno, ognuno la vive a suo modo, chi usa tappi e mascherina del dormire, chi è intento a fare l’ultimo gioco con l’inseparabile smartphone, chi chiede se c’è qualcuno che russa e chi ride divertito, chi ha già chiuso gli occhi e ha già iniziato a sognare… e… e… a un tratto la musica della Champions League squarcia il silenzio!!! Ahahahahah mai risveglio fu più imprevedibile grazie a Terence!!! In un attimo il rifugio si anima, non so che ora è, non guardo neppure l’orologio, perché mi è ben chiaro che è ora, è ora di prepararsi per iniziare l’ascensione. Confesso che è stato molto divertente osservare la facce dei miei compagni di avventura appena svegli e immagino che sia stato per voi divertente osservare la mia e anche se gli occhi sono ancora un po’ gonfi o semichiusi, osservando attentamente si può scorgere che brilla una luce nei nostri occhi, una scintilla generata dalla voglia di vivere la montagna!!!
In breve, siamo già fuori, vestiti ed imbragati, per verificare che l’Artva sia indossato ed acceso c’è il cancello di controllo, ogni allievo ha la sua cordata assegnata e cerca di stare vicino al proprio istruttore, ore 5.35 si parte: seguiamo il sentiero fino al rifugio Scerscen, il primo tratto in salita ci permette di scaldarci in fretta anche perché non fa troppo freddo, il cielo si tinge di meravigliose sfumature dal rosa all’azzurro, passiamo dal cimitero dei sassi, poi un lungo diagonale, qualche catena, a terra c’è via via un po’ più di neve, arriviamo a delle costruzioni abbandonate nei pressi di un laghetto, ora si sale decisi verso il passo, il sentiero descrive una serie di zig-zag, si sente una marmotta fischiare, e soprattutto si vede la marmotta “rotolare” giù per il pendio, mai vista una scena così.
Il rifugio Scerscen abbandonato ormai da anni è quasi spettrale, ed è qui che incontriamo il vento. Vento dal quale prima eravamo protetti, ma che si intuiva chiaramente osservando gli sbuffi di neve disegnati sul filo di cresta. Il cielo è piuttosto nuvoloso verso nord, non possiamo godere del panorama mozzafiato su Roseg e Bernina mentre in direzione sud ci sono degli sprazzi di sereno. Breve sosta per rifocillarsi e soprattutto per legarsi in cordata e per calzare i ramponi. Sotto gli occhi attenti e vigili dei nostri istruttori, nodi a palla a più non posso e non solo. Un ulteriore controllo che tutto sia ok e si parte. L’itinerario è stato scrupolosamente studiato, la visibilità a tratti è scarsa a terra da 30 a 50 cm di neve fresca, in qualche zona di accumulo anche molta di più, procediamo in una lunga fila indiana, lentamente ma inesorabilmente verso la vetta.
Questo procedere lento ed inesorabile mi concede spazio per pensare, penso e mi rendo conto di essere in viaggio, in movimento (e io adoro stare in movimento), un viaggio più interiore che esteriore e le emozioni sono forti, intense, meravigliose sono quasi rapito dai miei pensieri… ma il vento è davvero gelido e ritornato improvvisamente con i piedi per terra o meglio sulla neve la domanda è solo una “ma chi c.… me lo ha fatto fare???” ahahahahahah
Fortunatamente in breve siamo in vetta!!! La gioia è tanta e tanta è la soddisfazione di aver perseguito e raggiunto l’obiettivo nonostante il meteo non proprio ideale, la fatica ormai è solo un ricordo, siamo tutti molto contenti, entusiasti. Tutto il gruppo del CAI di Seregno è ora concentrato sulla vetta in pochi metri quadrati in prossimità della croce, si genera quasi un effetto “pinguini”, ovvero si sta tutti vicini per proteggersi vicendevolmente dal forte vento e nonostante questo c’è chi trova modo di accendersi una sigaretta. Strette di mano, scambi di complimenti, foto di rito, ma la frase che ricorre più frequente è “okkio alla corda”!!!
Bella, bellissima esperienza, che mi ha portato molto più in alto dei 3.329 metri della vetta, ringrazio tutti, ma proprio tutti, chi c’era e anche chi non c’era e che mi ha accompagnato in questo corso di alpinismo, bello, bello davvero: grazie!
Ora il racconto della discesa lo lascio a voi… alla vostra memoria alle vostre emozioni, ai muscoli delle vostre gambe e ai vostri piedi. Io, io so solo che non vorrei più scendere… ho già scritto tanto e non vorrei annoiarvi con il racconto dell’allievo più anziano del 42° corso.
Alla prossima!
Roberto