Oggi sabato 11 Giugno viene concesso agli alpinisti in erba di partire alle 8.30, considerata la prossimità della meta e soprattutto la necessità di portare con sè, oltre alla normale dotazione alpinistica, anche un cervello pensante e ben riposato.
Giunti ai piedi della falesia già si discute sul grado e “Quale proviamo?”, ma oggi l’obiettivo è chiaro: imparare le tecniche di autosoccorso.
Vengono allestite varie postazioni in cui verrà spremuta ogni goccia di pazienza e determinazione dei nostri fantastici istruttori, affinché questa mattinata risulti proficua per ciascuno di noi. Divisi a coppie come i carabinieri, impariamo a montare una sosta di abbandono, a risalire una corda doppia, allestire un paranco e girare l’asola e la contro asola dalla parte giusta. Tra chi non chiude le ghiere, una longe da rifare e un machard da avvolgere una volta in più, passa la mattinata.
Ad ognuno di noi allievi viene dedicato il tempo necessario per fare e rifare fino a che non facciamo nostri questi strumenti così preziosi. Si sottolinea come resti valido il principio di non oltrepassare i propri limiti e quindi l’importanza di conoscerli. Queste manovre non si utilizzano ad ogni uscita ma bisogna conoscerle alla perfezione per sapere come levarsi dai guai.
Queste parole risuonano in me nello stesso angolino dello stomaco in cui resiste il principio assoluto della paura, solo se affrontata si può gestire e incanalare nella giusta direzione. Ho sempre letto con ammirazione e curiosità le storie degli alpinisti sulle grandi vette, chiedendomi quanto potesse essere duro salire così in alto e quali emozioni si scatenino avvicinandosi così tanto ad una montagna e cosa significasse sapersi muovere in sintonia nell’ambiente. Consideravo l’alpinismo come qualcosa di assolutamente elitario, destinato ad una cerchia di persone dalle qualità fisiche straordinarie. Ad ogni uscita di queto corso scopro quanto la testa abbia un ruolo fondamentale e non si giochi tutto sulla fisicità. Credevo dipendesse dal singolo, che fosse una partita individuale, è invece così importante il compagno di cordata: chi sceglie di restare legato insieme a te e perseverare oltre le difficoltà. In sottofondo ad una mattinata dove c’è concentrazione e meno adrenalina del solito in circolo; sentiamo forte lo stesso entusiasmo di insegnare e trasmettere questa passione da parte degli istruttori.
Oggi ho aggiunto nuove consapevolezze alla mia voglia di sognare, di mettermi in gioco, al rispetto e al mio amore per la montagna. Abbiamo guadagnato ulteriore slancio per diventare mano a mano sempre più autonomi e responsabili in questa ricerca di bellezza. L’uscita (e il mio report), si chiude con un grazie tra i più sinceri. Quando si fa difficile rimangono i più validi e i folli e infatti qualcuno resta per arrampicare sotto il sole delle due… anche se sarebbe stato meglio ripassare il mezzo poldo!
Veronica